giovedì 22 dicembre 2016

Un altro attentato certificato


- Aggiornato il 23 dicembre 2016 -

Dalla burocrazia non c'è scampo. In un'epoca in cui nulla "esiste" se non è documentato in maniera ufficiale, la privacy è una pura figura retorica applicata in senso unidirezionale (ovvero serve per impedire ai liberi cittadini di sapere chi li sta danneggiando), non è possibile vendere cibo sano se non corredato di un qualche documento che certifichi che è sano, non è possibile affermare che un determinato vino proviene da una determinata località se non riporta un'etichetta IGT, ci si cura il cancro con protocolli cancerogeni ma ufficiali mentre non ci si cura con delle cure vere perché non sono ufficializzate, anche il terrorismo false flag è costretto a mettersi a norma osservando almeno uno dei capitolati imposti dal Sistema: è obbligatorio lasciare un documento di riconoscimento sul luogo dell'attentato. E così ha fatto il ligio candidato manchurian-tunisino, istruito per 4 anni nelle carceri
italiane, autore - nonché autista - del recente "attentato" di Berlino.

Anis Amri
Questa pratica è stata resa obbligatoria o quanto meno irrinunciabile, con sentenza (non) emessa dal Tribunale Segreto del Sistema - o altro ente sovranazionale che non abbiamo il dispiacere di conoscere - a New York l'11 settembre 2001.
Da allora, tutti gli attentati sotto falsa bandiera sono certificati dal ritrovamento dei documenti degli attentatori.
Documenti che, ricordiamo, grazie ad una tecnologia segretissima, sono resistenti al fuoco di qualsiasi catastrofe e non svolazzano mai abbastanza lontano da non essere ritrovati.
Meglio così: quando succedono cose del genere, facciamo prima a capirci qualcosa.

- Aggiornamento del 23 dicembre - 

A completamento della farsa, il terrorista certificato è stato ucciso in modo da non potere essere interrogato. Procedura standard del terrorismo false flag manchuriano.
E' successo oggi, al di qua dei nostri confini ed il poliziotto che ha sparato, in via del tutto eccezionale, non è stato condannato anzi la stampa lo definisce già "eroe". Sarebbe così uno dei pochi italiani che hanno avuto la sfacciataggine di sopravvivere alle loro azioni eroiche.