martedì 5 giugno 2012

Chi è Giorgio Napolitano

Si parla tanto del suo degno compare SuperMario Monti dimenticando che anche l'indegno attuale occupante del Quirinale ha le sue responsabilità nello sfacelo nazionale.
Ed il peggiore Capo dello Stato che la Repubblica ricordi, non poteva che essere un vetero-comunista, con tutto il suo regolamentare bagaglio di ipocrisie, malefatte e scheletri nell'armadio.
Ed in perfetto stile post-comunista, ecco una sua recente dichiarazione:

"La velocità con cui si muove la finanza globale richiede un governo internazionale dell'economia che sappia affrontare i problemi non più su scala nazionale..."

Gli orgogliosi sessantottini riconvertiti al Mercato globale la condivideranno.
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A proposito di “rigore” cui l’ex portaborse togliattiano Giorgio Napolitano predica a gargarozzo vibrante, e che quando parla sembra che qualcuno lo tiri su all’amo, sempre profumato di mughetto e con il clacson ammonitore delle proclamazioni democratiche quasi a non rendersi conto di essere sadicamente deriso, nel 2004, l’allora europarlamentare tra le file dei Democratici di Sinistra ricoprendo la carica di Presidente della Commissione Affari Costituzionali, una delle più influenti del Parlamento Europeo, venne tallonato da un giornalista tedesco sullo scandalo dei rimborsi spese di viaggio: per un volo Roma-Bruxelles di 90 euro, Napolitano ottenne un rimborso di 800 euro, più altri 80 per il taxi e 268 come indennità di missione. Tutti esentasse. Il video (clicca qui) andò in onda in prima serata sulla tv tedesca il 17 Marzo 2004 ma (neanche a dirsi) venne trasmesso in Italia, cinque anni dopo, il 30 novembre 2009. Il santo, che era un modesto funzionario dell’ordine dei miracolati in via delle Botteghe Oscure, senza aver fatto un nanosecondo di Resistenza, viveva semplicemente e criticava i lussi di allora. Poi un bel giorno, invelenito dalle emorroidi, alla quarta votazione con 543 voti su 990 votanti dei 1009 aventi diritto, ecco il miracolo: viene eletto undicesimo Presidente della Repubblica Italiana. Giura ed entra ufficialmente nell’esclusivo club dei rinnegati. Il momento era epico. E così tra i suoi primi atti, tra un forte odore di peto, concede la grazia (gravi motivi di salute) alla bestia rossa Ovidio Bompressi (ex Lotta Continua), condannato a 22 anni con sentenza definitiva passata in giudicato per l’omicidio materiale del commissario Luigi Calabresi. Il comunista del Terzo Millennio è anche un recordman di lauree honoris causa, otto, tutte con i punti delle patatine: una delle quali il 27 novembre 2008, laurea in Filosofia all’Università Ebraica di Gerusalemme. Per i giusti servigi resi all’insolente giudeo e solo due giorni dopo essere stato in pellegrinaggio allo Yad Vashem, la fiamma eterna che arde in quel ricettacolo di propaganda sionista.
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Senza vergogna, da passacarte incartapecorito firma tutto quello che c’è da firmare al collezionista di prescrizioni Silvio Berlusconi.
In occasione della promulgazione del Lodo Alfano (costituito da un solo articolo diviso in otto commi tra cui la Sospensione dei processi penali nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato) con la penna intinta nella saliva legittima una legge anticostituzionale per la quale viene richiesto il pronunciamento della Corte Costituzionale e che il 7 ottobre 2009, la Corte stessa ritiene effettivamente incostituzionale. Il 2 ottobre 2009, in occasione della promulgazione del cosiddetto Scudo fiscale (che prevede la non punibilità di reati tributari, che prevederebbero pene fino a 6 anni di reclusione) per favorire il rimpatrio o la regolarizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali illegalmente detenute all’estero fino al 31 dicembre 2008, a fronte del pagamento di una somma del 5%, a titolo di imposte, interessi e sanzioni, come previsto, l’ineffabile Giorgio Napolitano firma il decreto e dichiara con un colpo tonante di culo: «Nella Costituzione c’è scritto che il presidente promulga le leggi».
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Qualche settimana prima delle elezioni Regionali del 2010, a seguito dell’esclusione delle liste PdL in Lazio (per un panino) e Lombardia (firme false, cui tra le altre cose, l’attuale governatore della cupola affaristico-mafiosa lombarda Roberto Formigoni era già ineleggibile per legge 165/2004 art.2 per aver superato i due mandati consecutivi), Napolitano firmò nottetempo, come si addice ai rapinatori, il ddl del governo per la riammissione delle liste escluse.
Nell’aprile del 2010, sempre Napolitano, eccitato non dal naso, promulga con la propria firma la legge sul Legittimo impedimento del capobanda Silvio Berlusconi, mentre i pm di Milano si dicono pronti a ricorrere alla Consulta per sollevare eccezione di incostituzionalità. Nel gennaio 2011 la Corte ha ritenuto la legge in parte incostituzionale.
Poi, sicccome la testa gli funziona a scatoline, ne apri una e trovi altre scatoline e dentro ci sono i pensieri importanti, ecco altre promulgazioni senza un’oncia di vergogna che hanno riguardato il professionista della Resistenza con il decreto Mastella per distruggere i dossier della Telecom, l’ordinamento giudiziario Mastella-Castelli, la legge salva-Pollari, la norma della legge finanziaria che ha raddoppiato l’Imposta sul valore aggiunto a Sky, e due pacchetti sicurezza Maroni accusati di contenere norme anti-rom e anti-immigrati.
Ma la testa funziona lenta, perde colpi, e apre le scatoline sbagliate…
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L’8 novembre 2011, giorno in cui il governo degli onorevoli ladroni, già condannati, in attesa di processo o rinviati a giudizio per vari reati, tra i più gravi, associazione mafiosa e mala gestione dei fondi pubblici, del defunto Berlusconi IV verifica di non avere più una maggioranza parlamentare alla Camera, Napolitano si accorda con Berlusconi (quasi fosse una novità) perché si addivenga alle dimissioni del suo governo non appena sia concluso l’iter di approvazione delle leggi di bilancio.
Il giorno successivo, Napolitano nomina il preside bocconiano Mario Monti “senatore a vita”. Infatti il 12 novembre, dopo l’approvazione e la promulgazione della Legge di stabilità, Napolitano accoglie le “dimissioni” di Berlusconi e da buon cameriere che si rispetti affida proprio a Monti l’incarico per la formazione di un nuovo governo. C’erano le frittatine e i panini con salamino e mortadella e, per i più raffinati, uovo sodo col sale nel tovagliolino. I più scatenati erano Fini e Schifani che si spruzzavano la maionese direttamente in bocca.
Come no! Basta crederci, lo stallone di Arcore si è dimesso per il senso dello Stato e non perchè le sue imprese (Mediaset) sono crollate in borsa del 12% in un giorno. Tant’è con un golpe finanziario, il cameriere del nuovo ordine mondiale Napolitano genuflesso alle oligarchie plutocratiche che vollero commissariare l’Italia, nominò premier l’ex International Advisor di Goldman Sachs e presidente della Commissione Trilaterale, per abbassare lo spread!
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Ecco quindi il “preoccupato” Primo Maggio del traditore della Patria, Giorgio Napolitano, che in un lungo discorso ha dosato i toni dell’allarme (pochi) con quelli dell’ottimismo (tanti) rispetto alla crisi e, di fatto, ha confermato il proprio servile sostegno all’infame governo della macelleria sociale del boiardo Monti, le cui “misure hanno consentito un ritorno alla fiducia” nei confronti dell’Italia.
Ci vuole del coraggio per uscire in pubblico con certe affermazioni, invitando le forze politiche che sorreggono senza vergogna il governo Monti a dare nuova prova del loro senso di responsabilità giungendo a intese conclusive su una legge, quella elettorale e quella del mercato del lavoro, così importanti e delicate.
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Qualcuno dovrebbe ricordare a Napolitano che attualmente c’è un presidente del consiglio non eletto da nessuno, nominato da lui stesso in quattro giorni con un colpo di Stato finanziario, imposto dall’usuraia Banca Centrale Europea, e che sta mandando in rovina l’Italia. Il fatto è che dall’alto del profumato Colle, il cameriere del nuovo ordine mondiale Giorgio Napolitano ha seri problemi a scorgere un malessere diffuso tra gli italiani che si stanno suicidando e le imprese che chiudono per fallimento dopo soli cinque anni di attività:
«Credo ci sia una straordinaria consapevolezza tra gli italiani, non vedo esasperazioni cieche», parlando a Capua a margine dell’inaugurazione del museo campano, e rispondendo ai giornalisti che gli facevano notare che in Italia ci sono episodi di tensione ed esasperazione a causa della crisi economica, come quello avvenuto a Bologna di un 58enne che si è dato fuoco.
«Ho molta fiducia nella capacità di comprensione degli italiani, di un periodo difficile che l’Italia sta vivendo e – ha aggiunto – sulla necessità di affrontare cambiamenti e le strade nuove che questi prevedono». Roba forte.
Gli italiani comprenderanno…
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Mentre il suo socio, il becchino Monti, che non ha più limiti alla decenza, ormai, tornando a parlare dei sucidi e delle difficoltà causate dalla crisi economica, e dopo le dichiarazioni sconcertanti dei giorni scorsi sui suicidi in Grecia, ha affermato che dei suicidi se ne devono occupare gli “altri”:
«Le conseguenze umane della crisi dovrebbero far riflettere chi ha portato l’economia in questo stato e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire».
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Ma non è finita.
Nel curriculum vitae del peggiore presidente della repubblica, sconfitto nelle idee, dalla storia e dalla geografia, l’ultima tuonata di culo all’indomani delle scorse elezioni amministrative che hanno avuto come protagonista il M5S del comico genovese Grillo:
«Di boom ricordo quello degli anni ’60, altri non ne vedo».
Nel BelPaese con le pezze al culo i fascisti sono evaporati in sigle e siglette sempre più rissose, i comunisti sono stati respinti nei meandri della clandestinità, incontrarli e conoscerli è difficilissimo.
Al primo piano in Piazza del Quirinale, cuore antico della capitale, in questo ambiente tra una scrivania francese del 1750 e un dipinto della seconda metà del Seicento del Borgognone, luminoso, aperto, senza steccati e icone plastiche di Marx e Stalin alle pareti, l’inquilino del Quirinale tiene gli incontri di briscola a chiamata con Capi di Stato e segretari di partito. Sistemazione ideale per il compagno passacarte Napolitano, ex portaborse di Palmiro Togliatti, un porco che si vergognava di essere italiano vantandosi della cittadinanza sovietica.
All’indomani dell’invasione dei carri armati sovietici a Budapest, nel 1956, mentre Antonio Giolitti e altri dirigenti comunisti di primo piano lasciavano il Partito Comunista Italiano, mentre “l’Unità” definiva «teppisti» gli operai e gli studenti insorti, Giorgio Napolitano si profondeva in elogi ai sovietici. L’Unione Sovietica, infatti, secondo lui, sparando con i carri armati sulle folle inermi e facendo fucilare i rivoltosi di Budapest, avrebbe addirittura contribuito a rafforzare la “pace nel mondo”:
«Come si può, ad esempio, non polemizzare aspramente col compagno Giolitti quando egli afferma che oltre che in Polonia anche in Ungheria hanno difeso il partito non quelli che hanno taciuto ma quelli che hanno criticato? E’ assurdo oggi continuare a negare che all’interno del partito ungherese – in contrapposto agli errori gravi del gruppo dirigente, errori che noi abbiamo denunciato come causa prima dei drammatici avvenimenti verificatisi in quel paese – non ci si è limitati a sviluppare la critica, ma si è scatenata una lotta disgregatrice, di fazioni, giungendo a fare appello alle masse contro il partito. E’ assurdo oggi continuare a negare che questa azione disgregatrice sia stata, in uno con gli errori del gruppo dirigente, la causa della tragedia ungherese. Il compagno Giolitti ha detto di essersi convinto che il processo di distensione non è irreversibile, pur continuando a ritenere, come riteniamo tutti noi, che la distensione e la coesistenza debbano rimanere il nostro obiettivo, l’obiettivo della nostra lotta. Ma poi ci ha detto che l’intervento sovietico poteva giustificarsi solo in funzione della politica dei blocchi contrapposti, quasi lasciandoci intendere – e qui sarebbe stato meglio che, senza cadere lui nella doppiezza che ha di continuo rimproverato agli altri, si fosse più chiaramente pronunciato – che l’intervento sovietico si giustifica solo dal punto di vista delle esigenze militari e strategiche dell’Unione Sovietica; senza vedere come nel quadro della aggravata situazione internazionale, del pericolo del ritorno alla guerra fredda non solo ma dello scatenamento di una guerra calda, l’intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore d’Europa si creasse un focolaio di provocazioni e permettendo all’Urss di intervenire con decisione e con forza per fermare la aggressione imperialista nel Medio Oriente abbia contribuito, oltre che ad impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, abbia contribuito in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell’Urss ma a salvare la pace nel mondo».
I magiari hanno perdonato Boris Eltsin, erede dei loro carnefici. Si sono sforzati a mandar giù anche un boccone indigesto come Vladimir Putin «l’opportunista» ma Giorgio Napolitano no, proprio non lo volevano in Ungheria. Il 26 settembre 2006, a Budapest, Napolitano rese omaggio alle vittime della rivoluzione del 1956, soffocata nel sangue dai carri armati sovietici.
In quell’occasione disse:
«Ho reso questo omaggio sulla tomba di Imre Nagy a nome dell’Italia, di tutta l’Italia, e nel ricordo di quanti governavano l’Italia nel 1956 e assunsero una posizione risoluta, a sostegno dell’insurrezione ungherese e contro l’intervento militare sovietico».
Bella faccia tosta.
Non una dichiariazione sulle responsabilità sue e dei suoi «compagni» di partito, non una richiesta di perdono alle vittime (oltre 20.000), non un’affermazione che inchiodasse il comunismo «male assoluto».
Allora Napolitano potè solo applaudire i carri armati dei compagni sovietici che assassinavano a tradimento, con l’avvallo dei comunisti italiani, Pal Maleter, il capo militare della Rivoluzione ungherese del 1956. Fu giustiziato insieme al primo ministro Imre Nagy e ad altri martiri anonimi in una prigione di Budapest il 16 giugno 1958.
Erano i “bang” degli anni ’60.
Oggi invece è commovente l’europeismo e l’atlantismo dell’ex tovarish, sostenitore senza se e senza ma di guerre di aggressione, quando fino a cinque minuti fa sventolava bandierine della pace sui balconcini insieme alla solita claque di utili e inutili idioti.